Nel nostro intestino è presente una numerosa popolazione batterica, chiamata Microbiota Intestinale, che conta tra 10 alla 13a e 10 alla 14a organismi/ml di materiale fecale (il 50% della massa fecale) e che è soggetta a una significativa variazione individuale nella sua composizione, potendo essere modificata dalla dieta e dalla malattia (Power 2013). Si è visto che i pazienti con IBD (malattie infiammatorie croniche intestinali) possiedono una disbiosi del microbiota intestinale, con una riduzione della diversità di questa comunità batterica rispetto agli individui sani.

I metaboliti del microbiota presenti nel lume intestinale vengono avvertiti da particolari cellule dendritiche che attivano i linfociti T Helper. La disbiosi intestinale presente nei pazienti affetti da MdC (Morbo di Crohn) fa sì che i suddetti linfociti attivino le risposte Th2 e/o Th17, cioè le risposte che provocano l’infiammazione incontrollata.

Il microbiota, l’intestino e il cervello, come abbiamo già accennato, comunicano attraverso il nervo vago, che è in grado di percepire i metaboliti del microbiota e le citochine proinfiammatorie rilasciate in loco dalle cellule immunitarie. La registrazione di queste informazioni, tramite il vago, viene trasferita al SNC, dove viene integrata nel network centrale autonomo per elaborare una risposta, sempre principalmente tramite il vago, che potrà essere adeguata o inappropriata.

Questo nervo, infatti, è in grado di rilasciare molecole anti-infiammatorie che contribuiscono a ridurrel’infiammazione intestinale. Ecco perchè è importante, in questi pazienti, che ci sia un buon equilibrio del Sistema Nervoso Autonomo (SNA) (Bottaccioli e Bottaccioli 2016).

E’ molto importante evidenziare che i pazienti con IBD presentano un tono vagale basso, con conseguenteincremento dell’infiammazione periferica. A ciò va aggiunto che lo stress, molto presente in questi pazienti, inibisce l’attività vagale, aumentando gli effetti deleteri sul tratto gastrointestinale e sul microbiota (da qui l’importanza di avere un approccio sistemico a questa patologia e valutare anche lo stato emotivo dei pazienti) (Chiera et al. 2017).

Queste connessioni mettono in luce come la stimolazione del nervo vago, che ha proprietà anti-infiammatorie, possa essere un valido aiuto per favorire il ripristino dell’omeostasi nell’asse microbiota-intestino-cervello (Bonaz 2018)

 

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